Antonio Palmieri è un deputato di Forza Italia ed è uno dei più importanti esperti italiani di marketing politico tradizionale e on line. E' stato a fianco di Silvio Berlusconi in tutte le sue campagne elettorali e pertanto, in occasione delle elezioni del 4 marzo, è stato alle prese con una delle più ardue sfide di comunicazione: traghettare un leader fortemente identificato con la tv, la regina dei media tradizionali, nell'era della propaganda politica via social media.
La comunicazione, specie quella digitale, è un abito su misura, cucito addosso alla propria personalità
Lei ha lavorato dal 1993 alle campagne elettorali di Silvio Berlusconi ed è il più longevo comunicatore politico sulla scena. Non le sarà senz’altro sfuggito il post Instagram con cui Elisa Isoardi ha di fatto reso pubblica la sua rottura con il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il post ha alimentato per giorni non soltanto il gossip ma anche i dibattiti degli addetti ai lavori e dei giornalisti sul rapporto sempre più ibrido tra pubblico e privato del leader politico e in molti hanno avanzato l’ipotesi che questa accelerazione sia un portato dei social media. Del resto, non era certo questo il primo post in cui le vicende private di Salvini venivano rese pubbliche. Tuttavia, proprio con Berlusconi avevamo visto come il privato del leader potesse assurgere a elemento integrante della propaganda politica: tutti gli elettori over 35 del nostro Paese possono senz’altro ricordare l’opuscolo cartaceo “Una storia italiana”, che Berlusconi fece arrivare in tutte le case degli italiani e in cui la sua storia personale e professionale del Cavaliere costituivano un unicum, ivi compreso il primo matrimonio. Quali sono a suo parere gli elementi di continuità e quelli di differenza tra la narrazione berlusconiana e quest’ultima vicenda, quella di Salvini e Isoardi, che è molto più calata nell’ecosistema mediatico attuale?
“Berlusconi non ama esibire il suo privato. Unica eccezione, il racconto di alcuni aneddoti di vita familiare utili a descrivere il suo modo di essere e il suo agire in politica. Del resto lui non segue le mode: non è follower ma un leader e dunque semmai fa lui tendenza, come spesso è successo. “Una storia italiana” nacque come reazione alle false e infamanti accuse che i media di sinistra gli avevano lanciato contro durante la campagna elettorale per le elezioni politiche 2001. Era una biografia per testi e immagini che presentava la vita e le opere dell'uomo che si candidava a premier. Volevamo rintuzzare le false accuse e al tempo stesso ritenevamo un dovere fare in modo che gli italiani potessero scegliere a ragion veduta il loro Presidente del Consiglio. Il leader deve essere credibile per la sua storia personale e politica. Ecco, "Una storia italiana" era il modo per mettere in atto il primo dei fondamentali della nostra comunicazione politica. Niente a che vedere con la costante esibizione (in senso tecnico e senza alcun giudizio valoriale) della vita privata di Matteo Salvini. Lui ha scelto di usare i social per comunicare così, in modo coerente con la sua strategia comunicativa che lo propone come “uno del popolo”, “uno di noi” non un esponente della casta o un radical chic. Scelta legittima e che si addice al personaggio pubblico che Salvini ha costruito su di sé. A tal proposito, ricordo sempre che la comunicazione, specie quella digitale, è un abito su misura, cucita addosso alla propria personalità e modo di essere e di proporsi”.
I cardini: leader, programma, comunicazione
Berlusconi è un uomo politico che ha dominato lo scenario politico-mediatico per più di vent’anni però è fortemente identificato con un ecosistema comunicativo ormai molto mutato e, per ragioni anagrafiche del tutto naturali, non può certo essere un avanguardista dei new media. Su quali fondamenti ha basato la migrazione del politico Berlusconi e dei suoi messaggi sui social media?
"Prima di rispondere, posso fare un passo apparentemente indietro, utile per inquadrare meglio la risposta?"
Prego, mi dica.
"Forse il principale insegnamento che con Forza Italia abbiamo portato in questi oramai venticinque anni di comunicazione politica è che essa è fatta di tre componenti: primo, un leader in sintonia con la realtà e, di conseguenza, con una parte rilevante di elettorato. Questo leader deve essere credibile per la sua storia, personale e politica. Secondo, un programma ancorato alla realtà sociale ed economica del Paese. Terzo, una comunicazione che usi un linguaggio chiaro, semplice, diretto e concreto e che adoperi tutti gli strumenti e tutti i media a disposizione, analogici e digitali. Questi “fondamentali” (nell’ordine indicato) sono alla base di ogni attività di comunicazione politica, si applicano a ogni attività di comunicazione politica e dunque sono stati alla base della presenza nei social di Berlusconi. Una presenza che è stata costante dal 2009 in Facebook, con la pagina personale, con quella dedicata al governo Berlusconi, con quella dell’allora Popolo della Libertà. A esse va aggiunta la nostra piattaforma proprietaria forzasilvio.it, che aveva al suo apice 270.000 persone registrate con una procedura articolata, utile a raccogliere più dati possibili per personalizzare l’esperienza dentro forzasilvio.it. Purtroppo dal 2014 abbiamo dovuto fare i conti con le vicende politiche che di fatto hanno estromesso Berlusconi dalla scena politica (e di conseguenza anche dalla presenza social) per quasi tutta la precedente legislatura. Da allora in poi, nei “momenti” di presenza, il metodo è sempre lo stesso: leader, programma, comunicazione diffusa".
Ad esempio con questo tweet siete riusciti a coinvolgere moltissimi utenti e andare oltre la tradizionale "filter bubble" berlusconiana. Perché, secondo lei?
"Era il Live tweet di quanto Berlusconi diceva nel suo tradizionale intervento per presentare l'annuale libro di Bruno Vespa. La frase, molto berlusconiana, è stata una efficace risposta alla solita domanda sul delfino di Berlusconi. Efficace perché inattesa, lapidaria, fuori dagli schemi. Un tipico contenuto che innesca viralità e questo ne ha determinato il successo".
A un certo punto la comunicazione e gli annunci non bastano più. La realtà prima o poi bussa inesorabile alla porta.
Molto si è detto della capacità di aggregazione del consenso che hanno saputo esercitare i cinque stelle attraverso la rete e i social media. Ora però il movimento di Grillo è in una fase politica completamente diversa e dalla pars destruens occorrerebbe passare alla pars construens: per quanto ha visto in questi sei mesi, questa strategia social di forte presenza sulle piattaforme si sta dimostrando efficace per mantenere il consenso? E se sì, quali potrebbero essere in futuro i possibili momenti critici?
"Ritorno sempre ai fondamentali e ne aggiungo uno che ritengo molto importante: la realtà viene prima della comunicazione, specialmente quando sei al governo. A un certo punto la comunicazione e gli annunci non bastano più. La realtà prima o poi bussa inesorabile alla porta. Se le persone non avvertono un cambiamento positivo per sé o attorno a sé ti chiedono il conto. A quel punto comunicare a manetta non serve più. Anzi, è controproducente. Nel caso dei Cinque Stelle unire un programma statalista e una visione della società radicalmente diversa da quella del centrodestra a quelli della Lega non può che provocare problemi nel loro elettorato “duro e puro” e anche nei gruppi parlamentari. In secondo luogo la girandola di annunci, smentite, precisazioni e giravolte su alcuni punti del loro programma sconcerta parte dell’elettorato di opinione che hanno conquistato con la campagna elettorale 2018. Insomma, coi vaffa e con le “vaste promesse” si guadagna consenso ma poi è molto difficile governare, soprattutto se si è parte di una grande coalizione. Il 2019 ci dirà se riusciranno a sanare queste contraddizioni e a superare le evidenti difficoltà di questi ultimi mesi".
E veniamo il Partito democratico. Una delle principali accuse alla comunicazione negli ultimi tempi è quella di cedere spesso al burionismo”: l’arroccamento spavaldo e superbo di chi poggia le proprie affermazioni su verità scientifiche e deride chiunque avanzi dubbi o proponga spiegazioni alternative. Nel suo ultimo libro, Walter Quattrociocchi, uno dei più importanti esperti italiani delle dinamiche di polarizzazione e disinformazione digitale, prende in proposito una posizione molto netta:
“Il pro-scienza che professa l’infallibilità del metodo scientifico come fosse un dogma con tanto di casta sacerdotale che esercita il rito, è davvero così diverso dal complottista più incallito? Lo strumento del dubbio dovrebbe essere alla base anche della ricerca sul tema delle fake news, per uscire da uno schema di dibattito che sta diventando sempre più rigido e manicheo”
Lei che ne pensa?
"Sono totalmente d'accordo. Nella nostra comunicazione ci siamo contrapposti ai nostri avversari sempre con forza ma mai con la puzza sotto il naso. Anche nella mia comunicazione personale come deputato mi comporto così. L'avversario va sempre rispettato e le argomentazioni vanno presentate in modo ragionevole e rispettoso dell'interlocutore. Per contraddire gli avversari bisogna usare la realtà e una adeguata comunicazione di essa. L’atteggiamento di superiorità morale ha purtroppo sempre contraddistinto il modo di essere e comunicare della sinistra, fatte salve le dovute eccezioni. Unito al loro sostengo alla ideologia del politicamente corretto, questo atteggiamento ha contribuito a produrre i risultati politici ed elettorali che sono sotto gli occhi di tutti".
Marco Borraccino
@borraccinomarco